Storie dal terremoto: anziani volontari nella centrale di Fukushima
Dopo il disastro nucleare di Fukushima, si è molto parlato dei pensionati che si sono offerti come tecnici volontari per lavorare nella centrale nucleare ed evitare ai giovani di esporsi al rischio di contaminazione. C’è chi li ha considerati dei veri e propri kamikaze, mentre per altri erano semplici “professionisti al servizio del Giappone“. Prima di loro ci sono stati i tecnici volontari, persone che non hanno avuto paura ad indossare una divisa ed una mascherina e ad entrare nella centrale per cercare di mettere in sicurezza i reattori. Alcuni sono rimasti contaminati ed altri sono morti a causa di scoppi improvvisi. Per questo molti in Occidente hanno definiti i pensionati che si sono offerti volontari come “neo-kamikaze”. Sono stati anche paragonati ai samurai: “pronti al sacrificio per tener fede all’ideale patriottico“. Ma queste persone non sono d’accordo: non vogliono “essere etichettati come kamikaze buoni o samurai moderni” e preferiscono considerarsi come un “corpo qualificato di veterani”. Si tratta infatti per lo più di ingegneri in pensione che hanno voluto mettersi in prima linea per cercare di dare una mano a risolvere questa difficile situazione. L’idea di intervenire è stata di Yasuteru Yamada, ex-ingegnere di 72 anni, che ha contattato molti ex-colleghi chiedendo la loro disponibilità per formare un corpo speciale: “Vista la situazione, anche i pensionati non possono più permettersi di rimanere alla finestra ad aspettare, ma devono rimboccarsi le maniche e aiutare, come possono”. La sua idea non è stata accettata dalle autorità che non volevano coinvolgere “gruppi suicidi nelle operazioni di emergenza“. Ma Yamada ha spiegato perché voleva intervenire, di non aver paura e di non volersi immolare per la patria: “Noi torneremo a casa, dopo aver messo a disposizione del paese la nostra esperienza e le nostre conoscenze, come del resto sta facendo il resto della popolazione nei settori che ognuno conosce meglio. Un comportamento normale in un momento di totale emergenza. Siamo tutti perfettamente consapevoli dei rischi che corriamo, ma questo non basta a definire la nostra come un’iniziativa suicida. A me pare logico, non coraggioso, chiamare noi pensionati a sostituire quei giovani già da troppo tempo quotidianamente esposti alle radiazioni di Fukushima. Il cancro ha bisogno anche di venti o trent’anni per manifestarsi, e noi ne vivremo massimo altri dieci o quindici, quindi per noi queste malattie degenerative non rappresentano un problema. E poi gli anziani sono meno sensibili alle radiazioni per questo dobbiamo fare la nostra parte”. Kazuko Sasaki ha invece dichiarato: “La mia generazione è quella che ha promosso la costruzione delle centrali nucleari. Se non ci prendiamo noi la responsabilità di quella scelta, chi lo farà?“. (Fonti: Panorama e Cittaoggiweb)
Mi inchino.