Storie dal terremoto: il racconto di un sommelier italiano
Sono molte le testimonianze raccolte dopo il terremoto in Giappone di stranieri che hanno deciso di lasciare il paese per evitare il pericolo di contaminazione. Tra questi, c’è Roberto Montorfano, sommelier di 42 anni, che ha deciso di tornare in Italia con la moglie Michiyo Watanabe e le figlie Monica ed Elena di 6 e 4 anni. Montorfano ha vissuto per 4 anni a Yokohama, ma dopo la tragedia, ha preferito tornare in Italia, almeno finché la situazione non fosse più tranquilla e sicura. Montorfano ha comunque chiesto da subito di non abbandonare i giapponesi: “Vorrei tanto che l’Italia non si dimenticasse del Giappone. E’ un popolo meraviglioso, che sa essere estremamente solidale. Dobbiamo a loro altrettanta attenzione. Bisogna aiutare i giapponesi a risollevarsi da una situazione difficilissima“. Poi racconta la loro decisione di partire: “Abbiamo riempito in fretta una valigia con qualche vestito e abbiamo deciso di fuggire. Mi è dispiaciuto lasciare il Giappone. Come straniero, non è stato difficile integrarsi. Prima di andarmene, lavoravo per un ristorante di Tokyo. L’incidente nucleare ha cambiato le nostre vite. Abbiamo lasciato anche le nostre occupazioni“. E racconta i terribili momenti del terremoto: “L’11 marzo, quando si è registrata la prima, devastante scossa, verso le 14.45, ero in centro a Tokyo. Dentro a un palazzo, al piano terra. Sono uscito. Tutti i palazzi attorno barcollavano. C’era un taxi fermo, in mezzo alla strada. Si muoveva così tanto sulle sospensioni che pensavo si ribaltasse. Tutto si è svolto in un’incredibile calma. La gente guardava. Aspettava. Con la rete dei cellulari fuori uso, mi sono messo in coda per chiamare mia moglie da un telefono pubblico, per sapere come stessero lei e le bimbe. Sono riuscito a mettermi in contatto con loro dopo diverse ore. E a salire su un treno soltanto il mattino dopo, alle 7“. Nei giorni successivi all’11 marzo, la situazione non è migliorata: “Nella nostra casa al 14° piano, per tutto il sabato e per tutta la domenica, abbiamo avvertito le scosse dello sciame sismico. Poi è arrivato l’allarme nucleare. Alla televisione, i gestori dell’impianto di Fukushima sembravano minimizzare. Ma dall’ambasciata italiana arrivavano e-mail preoccupanti. Per il bene delle bimbe, abbiamo deciso di fuggire. I giapponesi, con noi e con le nostre bambine, si sono mostrati preoccupati e premurosi“. (Fonte: Laprovinciadicomo.it)